In (disperata) difesa di Toninelli e del suo ponte multifunzione

In questi giorni il ministro dei trasporti Danilo Toninelli è stato (inspiegabilmente) oggetto dell’ennesima campagna denigratoria su social media e quotidiani allineati – orchestrata presumibilmente da un coacervo di radical-chic annoiati, intellettuali falliti e burocrati ministeriali rancorosi.

Il pretesto di questo linciaggio è stato il suo supporto per il progetto di un ponte “multilivello e multifunzione”, “sostenibile, bello e intelligente”, in sostituzione del ponte Morandi crollato a Genova. A fronte di tale campagna, si impone come imperativo morale categorico una mobilitazione in difesa del cittadino-ministro Toninelli, volta a rimarcare le solide ragioni della sua posizione.

In difesa della visionarietà progettuale.

Il cittadino-ministro Toninelli è stato criticato essenzialmente per essersi innamorato di un’idea non convenzionale, quella di un ponte che possa ospitare funzioni diversificate – spazi commerciali, ricreativi, abitativi.

Qualcuno potrebbe sostenere che, vista l’importanza cruciale dell’infrastruttura per la città di Genova, sarebbe auspicabile limitarsi alla sola funzione-ponte, per velocizzare il processo di progettazione e realizzazione. E che l’idea del mix funzionale in quell’area e sotto un viadotto autostradale è per lo meno rischiosa, e potrebbe trasformarsi nell’ennesimo fallimento di un progetto architettonico megalomane e visionario (di cui la storia del novecento è piena). E’ vero, il progetto ha caratteri di visionarietà. Viene però da chiedersi: avremmo avuto il museo Guggenheim di Bilbao se avessimo obbligato Frank O. Gerhy a progettare solo villette monofamiliari in stile mediopadano? Tra l’altro, si noti che l’idea di un ponte polifunzionale ha illustri predecessori. Niente di meno che Le Corbusier, uno dei maggiori architetti del novecento, propose qualcosa di analogo nel noto Plan Obus per Algeri. Lungo la costa della capitale algerina avrebbe dovuto correre una mega-struttura residenziale (alta 14 piani, lunga svariati chilometri e destinata ospitare 180.000 persone) sormontata da un’autostrada. E’ vero, il progetto non fu mai realizzato e, al contrario, fu aspramente criticato per il totale disprezzo delle tradizioni sociali, storiche e culturali algerine, per la sua scala brutale, per la devastazione ambientale e paesaggistica che avrebbe causato. Ma tal critiche, probabilmente, erano solo il frutto dell’incapacità di riconoscere genialità e innovazione. Come nel caso della proposta progettuale abbracciata da Toninelli.

In difesa di punti di vista alternativi.

Il cittadino-ministro Toninelli è stato criticato anche per aver paragonato il progetto di un ponte “multilivello e multifunzione” per Genova al ponte Galata di Istanbul. “Basta pensare al Ponte di Galata a Istanbul: un passaggio urbano di circa 500 metri, nato negli anni Novanta, sotto cui c’è una animata galleria commerciale e tantissimi ristoranti. Ebbene sì, ecco un ponte sotto il quale da anni si passeggia, si socializza. E si mangia. Cosa c’è di strano?”.

Qualcuno potrebbe sostenere l’improbabilità del paragone. E’ vero, il ponte Galata a Istanbul (una città di 15 milioni di residenti e 10 milioni di turisti annui) collega due parti centrali della città turca, a elevata densità di popolazione e funzioni, connettendo tra l’altro importanti aree pedonali. E’ dunque naturale che sia piuttosto bazzicato da pedoni e che i ristoranti che vi si sono localizzati siano abbastanza frequentati. Al contrario, il ponte Morandi a Genova (una città di 600.000 abitanti e circa 2 milioni di turisti annui) collega solo due tratti di autostrada, come d’altronde si addice a ogni viadotto autostradale. Viene però da chiedersi: se ci si fermasse agli elementi di differenza, quale comparazione sarebbe mai possibile? Probabilmente nessuna…Dunque, perché non assumere un punto di vista alternativo, che si focalizza sui fattori di affinità tra gli elementi di una comparazione e non su quelli di differenza? Ponte Galata e Ponte Morandi: in entrambi i casi si tratta di ponti, per di più in due città di mare. Non è forse abbastanza?

Contro la casta dei professionisti.

Il progetto che ha ammaliato il ministro, colpendolo per la sua “sostenibilità, bellezza, tecnologia e intelligenza”, è stato proposto da Stefano Giavazzi, un architetto bergamasco non molto noto, che, tra le proprie opere, vanta una palestra a Samarate e un centro sportivo a Cavenago.

Qualcuno potrebbe far notare che non si tratta propriamente di un esperto di ponti – che sono opere progettuali complesse e impegnative. Per di più il progetto non è stato probabilmente oggetto di un intenso studio durato mesi, ma, più probabilmente, solo di qualche ora di lavoro sottratta di tanto in tanto al progetto di una villetta in Brianza o al recupero di un sottotetto in Valle Seriana. Per di più manca di qualsiasi valutazione di tipo economico o ingegneristico. Anche questo è vero. Tuttavia quante volte ci siamo consegnati incautamente nelle mani di rinomati professionisti o ci siamo affidati a vetuste pratiche quali i concorsi pubblici, che non fanno altro che riproporre ad aeternum l’egemonia delle caste professionali? La creatività e l’intelligenza sono un bene sociale diffuso. Sta a noi coglierle ovunque si annidino – anche in uno sconosciuto architetto bergamasco.

In sintesi, paiono esserci tutti gli elementi per una difesa a spada tratta, anche questa volta, dell’encomiabile cittadino-ministro Toninelli.

[Pubblicato su Gli Stati Generali 27.09.2018]

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